Lunga intervista al tecnico Flavio Perrone

l tecnico della Union Riviera Rugby Flavio Perrone, dopo una brillante prestazione nel campionato di C territoriale, ci ha rilasciato una interessante intervista.

Riassumi la tua carriera rugbistica da giocatore e poi quella di tecnico. Ho iniziato tardi a 26 anni grazie a Pino Valle, poiché veniva a San Lorenzo con amici e si faceva la partitella a calcio e sono stato invitato lì per “doti fisiche”. Ho cominciato a giocare con gli Amatori che si allenavano a San Lorenzo al Mare poi a Dolcedo. Giocato fino al limite dei 42 anni. Ultima partita contro Asti in casa. L’attività di tecnico iniziata con il primo momento seguito da Guidi e poi sono andato a Tirrenia al ctf per tecnico di primo livello a dicembre di primo livello diviso in due appuntamenti di tre giorni. La guida tecnica era di Andrea Di Giandomenico.

Un episodio della tua carriera che ti segna ancora oggi (giocatore e tecnico): Come giocatore mi ricordo la vittoria contro il Rivoli, perché loro si giocavano i play off. E li abbiamo letteralmente macinati. Mi ricordo che avevo ancora i capelli, ma bianchi. Una spettatrice disse ai piemontesi: “vi fate fare la meta da quel vecchio”. Avevo 42 anni… E da tecnico per me è stata importante la vittoria contro il Cogoleto in casa loro quest’anno e il primo tempo contro il Recco, sempre quest’anno.

Cosa ti ha insegnato il rugby ? Mi sono sempre piaciuti gli sport in cui ci si mette in discussione e si esplorano le proprie possibilità. Mi rimane la voglia di combattere…sempre.

La prima esperienza di tecnico? Con il primo momento, vedendo che a Sanremo si stava creando l’embrione di una nuova realtà rugbistica, mi sono proposto direttamente e quindi sono approdato a quella realtà. Dove poi ho continuato a seminare per circa tre anni. Nel 2011 Imperia Rugby sapeva della realtà sanremese, ma forse non ci credeva molto. A San Remo sono arrivati tanti “grilli parlanti”, arrivavano e parlavano, due giorni e sparivano. Io con la mia testa dura sono andato avanti con il gruppo, gente che mi ha sempre seguito. La realtà sanremese prende visibilità con il primo “Tacca team”: una partita invernale in cui l’Imperia Rugby ha incontrato la formazione in cui erano schierati tanto i portuali stranieri presenti ad Imperia assieme ai giovani sanremesi. La prova è stata più che positiva e Imperia Rugby ha capito che c’era un gruppo solido a cui fare riferimento immediatamente. Inizialmente pochi giocatori hanno avuto esperienze con l’Imperia. Erano ragazzi già impostati, ma privi di esperienza di campo. Nel 2011-2012 ero già tecnico dell’Imperia Rugby. Mantenevo i rapporti con San Remo ed allargavo il gruppo dei matuziani, implementando il novero dei giocatori disponibili.

Secondo me questa è stata la salvezza del rugby seniores maschile nel Ponente ligure…cosa pensi di questa affermazione? Assolutamente. Perché l’Imperia Rugby aveva sempre meno senatori e c’era bisogno di un ringiovanimento effettivo.

Come hai lavorato per creare il gruppo a San Remo ed implementarlo? Con il passaparola. I primi giocatori a San Remo sono arrivati con l’impegno di Gerson Maceri ed Emanuele Capelli.

Qual è la considerazione “politica” del rugby a San Remo, anche in rapporto alla disponibilità degli impianti? Inizialmente molto bassa, ma vedo una crescita. La mancanza di un terreno di gioco è un problema davvero serio, anche se il Comune e la Matuziana calcio per la concessione del campetto di Pian dei Cavalieri. Prima che nascesse la Union si facevano due allenamenti settimanali a San Remo ed ora c’è il mercoledì è il giorno del rugby seniores a San Remo ed i giocatori dell’imperiese vengono lì. Questo è molto importante perché si supera il tradizionale campanilismo tra città e società nel nome di una passione e della volontà di portare avanti il Ponente ligure nel mondo rugbistico.

Quali sono state le tue maggiori difficoltà come tecnico? I problemi maggiori sono stati nel cambio generazionale e nella visione di alcuni giocatori “senatori” a voler fare con la loro testa.

Come si riassume la tua filosofia nell’allenamento e nel gioco rispetto alle impostazioni tecniche del recente passato? Cercando un gioco estremamente semplice, sempre più fisico e veloce, senza quel rugby schematico fatto di giocate prestabilite. Il giocatore si deve adattare alla situazione che trova in campo. Questa è una condizione che si pone nel rugby come nella vita.

Quali sassolini nella scarpa ti vorresti levare dopo tre anni in cui Imperia è diventata Union Riviera Rugby con San Remo e il tutto si pone come la più rampante realtà ovale ligure dopo il genovesato? Mi ricordo i primi tempi: mi dicevano “cosa vai a fare a San Remo che non esce nulla di là”, ma grazie a dirigenti giovani e ad una fede incrollabile i risultati sono sotto gli occhi di tutti. I primi tempi hanno visto i ragazzi più giovani di San Remo fare esperienza nella under 20 del Cus Genova (ci credevano più là che ad Imperia) e poi ancora con le Province dell’Ovest (realtà giovanile più evoluta del ponente genovese), arrivando a giocarsi la finale per accedere al girone Elite. Quello delle celebrate società storiche italiane.

Quali prospettive ci sono per il rugby a Ponente: Sicuramente ottime: con il nuovo progetto che sta nascendo tra Imperia e San Remo con la creazione dell’Academy a livello giovanile si potrà creare una mentalità rugbistica in Provincia di Imperia. Lo sport imperiese a parte alcune realtà di punta non è in grande salute. Mancanza di impianti, di risorse, di mentalità e di sacrificio. Una cosa che nuoce a tutti gli sport è il campanilismo anche all’interno di una stessa città. Un puzzle di società non porta da nessuna parte. Avere anche nel calcio una società forte nel settore provinciale, con tutte le altre che lavorano a livello giovanile sarebbe meglio. Basti pensare che il rugby esprime realtà di unione anche dove tanti sono caduti per ideologie e religione. Nel rugby l’Irlanda è una sola.

Ti ho visto una sola volta affranto: dopo una sconfitta due anni fa contro, mi pare, contro Acqui, puniti da un grande mediano d’apertura argentino…eppure tutto era stato preparato a puntino. Vuol dire che tu  ci metti anima e cuore in quello che fai sul campo? Sono assolutamente così: lo faccio con passione. Nel rugby i professionisti ci sono ad alto livello. Quel giorno buttammo via una partita già vinta, eravamo in vantaggio e ci siamo fatti rimontare. Eravamo al primo anno di esperienza e mancavano ancora tanti giovani di San Remo e l’esperienza nel rugby conta.

Tu hai secondo me la capacità di individuare il ruolo esatto per ognuno esaltando le sue caratteristiche. Dove nasce questa visione lungimirante. A parte che nel rugby moderno, escludendo i primi cinque uomini, tutti devono saper far tutto. Individuo le caratteristiche fisiche di ogni giocatore e poi cerco di sistemarli ove possono essere utili alla squadra.

Adesso tu lasci ufficialmente la guida tecnica della Union che passa a Sylvain Masson. Tu rimani sempre come sostegno. Però farai altre cose. Cosa ? E dove pensi possa arrivare questo gruppo della Union che così tanto deve al tuo impegno? Lo stesso Masson, quando ho detto che era la mia ultima partita, mi ha chiesto un motivo, perché lui ha bisogno della mia collaborazione. Questa collaborazione non mancherà. Ora mi è stato proposto di andare a curare il settore propaganda e giovanile a San Remo per continuare lo sviluppo del progetto Academy. La Unione secondo me può arrivare lontanissimo. Sia con i giocatori attuali sia con le nuove leve dei settori giovanili. Anche perché il gruppo che lascio ha qualità fisiche e tecniche di buon livello. Siamo arrivati terzi allenandoci una volta e mezza la settimana, figuriamoci se riescono ad allenarsi di più.

Questo fatto di allenarsi non troppo a Ponente da cosa dipende secondo te? Mi sembra solo una questione di mentalità. Anche perché ognuno deve credere nei propri mezzi e migliorarsi costantemente. In ogni caso le società mi hanno dato sempre ogni disponibilità possibile per impianti, materiali e tutte le necessità che di volta in volta si presentano, anche in modo inatteso.

Dunque a San Remo supervisioni un’attività che si spera sia sempre più vasta? Assolutamente. Chi ben incomincia è a metà dell’opera. Siamo già sulla buona strada. Ci sono circa 25 nuove leve ed il gruppo secondo me crescerà.